Passeggiata in alta quota con ampi e spettacolari panorami
VALLE VIGEZZO: LAGHI DI MUINO
Valle Vigezzo
Descrizione Percorso
località di partenza: Piani di Vigezzo (1700 m)
località di arrivo: Laghetti di Muino (1922 m)
quota massima: Bocchetta di Muino (1974 m)
dislivello: +300 m -80 m circa solo andata
distanza: 3 km solo andata
tempo di percorrenza al netto delle soste: 1 ora e 30 minuti solo andata
tipologia di percorso: sterrata e sentiero
segnaletica: cartelli bianco/rossi M25
acqua: fontana ai Piani di Vigezzo e lungo la sterrata
periodo consigliato: da giugno ad ottobre
come arrivare: dista 18 km da Domodossola. Direzione Valle Vigezzo e Locarno lungo la SS337. Poco dopo l’abitato di Santa Maria Maggiore seguire indicazioni a destra per “Craveggia” e poco dopo a sinistra (cartello bianco “Benvenuti a Prestinone”). Parcheggi presso la cabinovia in via Carlo Fontana Pittore (www.pianadivigezzo.it). In treno: linea Vigezzina-Centovalli, fermata Prestinone, a 700 metri dalla stazione della cabinovia (www.vigezzinacentovalli.com)
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi – www.distrettolaghi.it; Ufficio IAT – Piazza Risorgimento 28, Santa Maria Maggiore – tel. +39 0324.95091; Comune di Craveggia – www.comune.craveggia.vb.it; Unione Montana Valle Vigezzo – www.unionemontanavallevigezzo.it
L’itinerario
La cabinovia di Prestinone porta in una decina di minuti dagli 825 ai 1726 metri della Piana di Vigezzo, un dislivello di ben 901 metri. Usciti dalla stazione a monte dell’impianto ci si ferma un momento ad ammirare il panorama che si apre dal prato che anticipa le abitazioni. Quindi si prende a sinistra passando tra le case (cartello bianco/rosso “GTA L.tti Muino M25”). L’ampia sterrata sassosa prende a salire in modo deciso e ripido. Un breve deviazione a sinistra porta ad una fontana. Una seconda fonte si trova un po’ più in su, lungo la strada, nei pressi di alcuni tavolini di legno. Dopo di questi la sterrata si fa leggermente più graduale e la si abbandona ad una curva netta per andare verso sinistra, lungo un sentiero (cartello bianco/rosso L.tti Muino M25”) che continua a salire costante e continuo, senza interruzioni, fino ad arrivare alla Bocchetta di Muino (1974 m.) caratterizzata da un pilone votivo e da una statua di legno dedicata agli “spalloni”.
Gli spalloni erano contrabbandieri che passavano le Alpi facendo spola tra la Svizzera e l’Italia, introducendo in modo illegale generi di vario genere (dal sale alle sigarette, secondo le epoche). Hanno però assunto un’aura romantica poiché seppur attività illecita, permise letteralmente la sopravvivenza alle popolazioni di confine.
La salita è terminata, si scollina oltre la Bocchetta di Muino proseguendo in Valle Onsernone lungo il sentiero in discesa (cartello bianco/rosso “M25 L.tti Muino”) che passa assai più a monte dell’Alpe Canva (notate la forma curiosa dell’edificio più a monte: si tratta di un paravalanghe), e cambiando drasticamente ambiente poiché dalle zone alberate si passa ad ampie praterie montane che anticipano il primo dei laghetti (1922 m).
Prestando un po’ di attenzione, è possibile effettuare tutto il giro dello specchio d’acqua e, soprattutto verso la zona più lontana dal sentiero, è possibile vedere non poche rane che lo popolano mentre i girini prediligono l’area più vicina al sentiero.
Superato lo specchio d’acqua si punta verso il rifugio bivacco del CAI Vigezzo, proseguendo oltre il sentiero ora pianeggiante che porta in breve all’Alpe Ruggia (1880 m) e al secondo, più grande, lago, solitamente colmo di vegetazione che lo sta trasformando in torbiera.
Per saperne di più:
Valle Vigezzo
Unica valle ossolana che si estende da ovest ad est, presenta un’altitudine media di 800 metri, molto ampia e dolce e ben si presta agli sport “orizzontali” come fondo o corse con i cani. Viene chiamata “valle dei pittori” per la tradizione ben radicata di artisti del pennello che a partire dalla seconda metà del XVII secolo fino al XIX secolo partivano da questi comuni per dipingere in tutta Europa. Una storia ben illustrata dalla presenza, in Santa Maria Maggiore, della Scuola d’Arte fondata dal pittore Rossetti Valentini che la volle gratuita per insegnare a chiunque le basi della pittura. Ma anche storia di fatiche fisiche non indifferenti, come quelle degli spazzacamini che proprio da questa valle partivano, moltissimi da bambini, per svolgere questo improbo lavoro e che vengono ricordati nel Museo della Spazzacamino, a Santa Maria Maggiore (www.museospazzacamino.it; www.santamariamaggiore.info; www.comunesantamariamaggiore.vb.it). Oggi la valle è nota soprattutto per il treno turistico Vigezzina-Centovalli che collegando Domodossola a Locarno, in Svizzera la attraversa completamente: un viaggio indimenticabile! La Valle Vigezzo, tramite il Comune di Malesco e la Val Loana, è anche una delle porte della Val Grande, l’area wilderness più grande d’Europa, selvaggia e isolata i cui sentieri è bene affrontare solo se ben allenati. Per le famiglie è possibile avere un assaggio di questo grande parco attraverso alcuni Sentieri Natura (www.parcovalgrande.it).
Consigli per i baby escursionisti:
Passeggiata facile, non presenta particolari difficoltà se non la salita ripida iniziale su sterrata, che può risultare un po’ noiosa ai piccoli escursionisti. “Noia” presto dimenticata ai due laghetti in cui nuotano girini e ranocchie. Non adatta a passeggini.
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino, Annalisa Porporato
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Un viaggio affascinante dal centro della terra alle spettacolari Marmitte dei Giganti
VALLE ANTIGORIO: ORRIDI DI URIEZZO
Valle Antigorio
Descrizione Percorso
Viaggio affascinante al centro della terra, così si potrebbe intitolare questa bellissima passeggiata che passando per gli Orridi di Uriezzo porta alle spettacolari Marmitte dei Giganti.
località di partenza e di arrivo: Baceno (655 m)
quota massima: Orrido Nord-Est (700 m circa)
quota minima: Verampio (530 m)
dislivello: 200 m circa totali
distanza: 6,5 km totali
tempo di percorrenza al netto delle soste: 2 ore totali
tipologia di percorso: misto (sentiero, asfalto, sterrata)
segnaletica: cartelli bianco/rossi
acqua: fontane nel centro di Baceno, altre lungo il percorso
periodo consigliato: da marzo a novembre
come arrivare: dista 20 km da Domodossola. Direzione Crodo e quindi direzione Valle Formazza fino a Baceno. I parcheggi a ridosso dell’ufficio del turismo sono a disco orario, meglio utilizzare il parcheggio di Piazza Aldo Moro (all’inizio della borgata appena dopo la farmacia, sulla destra arrivando da Domodossola, vietato il mercoledì per mercato). In autobus: linea Domodossola-Formazza, fermata Baceno (www.comazzibus.com).
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi – www.distrettolaghi.it; Comune di Baceno – www.comune.baceno.vb.it; Unione Montana Alta Ossola – www.unionemontanaaltaossola.it
L’itinerario
Dal parcheggio di Piazza Aldo Moro si attraversa la statale per imboccare subito via Francesco Fornara in salita (cartello marrone “chiesa monumentale” e “orridi”) passando davanti alla sede dei Vigili del Fuoco (servizi igienici) e salendo fino alla Chiesa Monumentale di San Gaudenzio.
Risalente al X secolo, si presenta ancora con impianto fortemente romanico, eretta su uno sperone roccioso che la fa dominare dall’alto. L’affresco sulla facciata rappresenta un San Cristoforo del 1542 (patrono dei viaggiatori, solitamente veniva rappresentato di dimensioni grandiose perché fosse visibile da lontano e, sovente, indicava punti di guado e presenza di ponti), mentre all’interno si trovano sulle colonne affreschi di santi e nobili, oltre un grandioso affresco rappresentante una crocifissione, dipinti in gran parte del XVI-XVII secolo.
Guardando la facciata della chiesa, si prende a sinistra il passaggio in discesa al di sotto di un arco (cartello bianco/rosso “H00 Orridi di Uriezzo”) e si passa al di sotto delle impressionanti arcate di pietra che reggono la struttura della chiesa. La mulattiera in parte selciata porta in discesa fino a confluire su una sterrata che va seguita verso sinistra. In località Balmacor si prende a destra (cartello di legno), sempre in discesa, passando al centro di quello che, un tempo, era una marmitta dei giganti. Appena oltre un pilone votivo si trova una fontana al di sotto della parete rocciosa e subito dopo la strada si fa più pianeggiante con un bel passaggio tra i castagni. Al bivio seguente si prende a destra in discesa (cartello “Verampio”) per andare a sinistra, in salita, al bivio che si trova immediatamente dopo (cartello “G34c Orrido e Oratorio Santa Lucia”).
Nota: memorizzate questo bivio poiché lo ritroverete al ritorno.
Giunti a una bella casetta isolata (fontana) si passa proprio accanto allo spigolo dell’edificio percorrendo un tratto della strada sopraelevata (seguire la scritta “orridi” dipinta sulla roccia) arrivando alla centrale idroelettrica di Maiesso (fontana). Alle spalle della centrale si imbocca il sentiero (evidenziato dal mancorrente) che sale ripido per poi scendere graduale in mezzo a un bel bosco misto di latifoglie e radi abeti. Scesi sulla sterrata si va a sinistra (cartello “Orridi e Oratorio”). Si ignora la scala a destra proseguendo dritti sulla sterrata (la scala porta all’Orrido Sud, lo percorrerete dopo), attraversando una zona di prati aperti. Prendetevi il tempo di effettuare la breve deviazione a destra segnata dal cartello “Cippo del Partigiano” e “Ponte di Balmasurda 0h05”. Al termine del prato si trova un cippo dedicato al partigiano Luigi Fradelizio.
Il 30 giugno 1944, durante un trasferimento, venne colpito a morte dai nazisti e rimase per diversi giorni insepolto. Lasciò una giovane moglie, una bimba di due anni ed un bimbo di appena quattro mesi.
Appena oltre il cippo, un brevissima discesa porta al ponte sullo spettacolare Orrido di Balmasurda in cui l’acqua del fiume Toce scorre impetuosa. Tornati sulla sterrata principale la si percorre fino all’asfalto, dove si devia a sinistra in leggera salita per seguire quasi subito un sentierino sulla destra (cartello “Orrido sud-est”). Da questo punto si entra nel mondo affascinate degli Orridi.
Durante la glaciazione Wurmiana (da 120 mila a 15 mila anni fa) il territorio era ricoperto da uno strato di ghiaccio che in questo punto era stimato in un’ampiezza di sei chilometri e uno spessore superiore ai mille metri. Le acque di superficie del ghiacciaio, sciogliendosi, creavano torrenti che scorrevano molto velocemente nello strato compreso tra roccia e ghiaccio e trascinavano con sé molti detriti, dando origine così a “buchi” (Marmitte) e profonde fenditure oggi asciutte e percorribili (Orridi). Nella zona di Uriezzo se ne trovano tre: l’Orrido Ovest (meno caratteristico ed esposto, solo per esperti), l’Orrido Sud, che vedrete dopo, e l’Orrido Nord-Est (lungo circa 100 metri).
Il primo tratto è il più bello e caratteristico, con passaggi stretti che sembrano scomparire. Non essendo particolarmente profondo è luminoso e gradevole anche se la sensazione di entrare in un mondo magico è forte. Una scalinata porta al secondo tratto, più basso e aperto che porta ad uscire in un bel bosco. Da qui si torna indietro passando nuovamente nell’orrido.
In alternativa è possibile seguire la traccia lungo il bosco, a sinistra, che porta alla strada asfaltata. Da qui si prende a sinistra tornando al punto di partenza.
Si ripercorre la strada asfaltata, volendo è possibile effettuare la brevissima deviazione verso l’Oratorio di Santa Lucia del 1663, già a vista. Si ripercorre la sterrata già fatta fino a tornare alla scaletta vista in precedenza e da qui si scende all’interno dell’Orrido Sud, chiamato anche “Tromba d’Uriezzo”. Lungo circa 200 metri, possiede stretti passaggi che si alternano ad ampie sale mentre le pareti salgono anche di 20/30 metri in un continuum di suggestioni difficili da rendere a parole. Al termine si giunge nei pressi di un ponte: se si passa sotto si arriva in vista di due cascatelle, salendo le scale prima di esso si sale sulla strada sterrata.
Volendo rivivere l’emozione dell’Orrido lo si percorre a ritroso, una volta tornati sulla strada sterrata si piega verso sinistra seguendo sempre la segnaletica “Verampio” e ci si ritrova sulla sommità di questo ponte.
Si prosegue quindi sulla sterrata (verso sinistra uscendo dalle scalette del ponte) in continua e costante discesa, fino ad arrivare a un bivio che va preso ancora verso sinistra (cartello “Marmitte dei Giganti”) e che porta in breve a un ponte che sovrasta un tratto del fiume Toce dove si sono formati, tempo addietro, un gran numero di questi fenomeni geologici (fontana).
Prestando molta attenzione (la roccia può essere scivolosa!) si può scendere fino a filo dell’acqua ma attenti ai bambini poiché la corrente è forte. Meglio tenersi presso le “conche” più piccole e tranquille.
Ammirate le Marmitte dei Giganti, si riprende la sterrata tornando indietro fino al bivio (cartello “Verampio”) e proseguendo sempre in discesa si raggiungono le prime case di questa borgata. Superato un guado si prende a destra (cartello “Baceno”), passando tra alcune abitazioni su una pista erbosa che porta ad un ponte a schiena d’asino (cartello “Baceno Chiesa”), superato il quale si comincia a salire lungo un sentiero in parte selciato (in caso di pioggia può presentarsi scivoloso). La salita è continua e decisa, passa per una piccola borgata abbandonata con un oratorio, un fontanile e un edificio affrescato per raggiungere il bivio già toccato in discesa (vedi sopra prima “nota”). Da questo punto si ripercorre a ritroso il tratto fatto all’inizio della passeggiata fino a tornare alla Chiesa Monumentale di Baceno.
Per saperne di più:
Croveo, torchio e marmitte
A Croveo, frazione poco a monte di Baceno, si trova un antico torchio a leva “alla piemontese” con un trave lungo 8 metri, la cui presenza è attestata dal 1860 anche se probabilmente era già presente prima poiché su una trave si trova inciso l’anno 1766. Era privato ma veniva utilizzato da tutta la comunità e rappresentava un punto di incontro poiché per esser manovrato erano necessarie otto persone che si davano il cambio divise in due squadre da quattro alla volta. Con il termine si indica non solo il torchio vero e proprio ma tutto l’edificio che ospita anche una macina. Serviva per la lavorazione di mele, noci, canapa e per la spremitura della “pir”, un tipo di pera ormai scomparsa, dal gusto acidulo non proprio gradevole, ma dal cui succo si otteneva una sorta di vino dolce, il “vino di pir” (simile al “poiré” francese, un sidro ricavato dalle pere). Sempre a Croveo si trovano anche le Marmitte di Croveo, formazioni geologiche visibili dal ponte in pietra raggiungibile in 5 minuti a piedi, partendo dalla piazza centrale.
Consigli per i baby escursionisti:
L’interno degli orridi non è accessibile ai passeggini per via del fondo sconnesso e della presenza di scale metalliche. In caso di pioggia può presentarsi assai fangoso e scivoloso.
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino e Annalisa Porporato
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Il Passo del Gries, a 2479 m di quota tra la Val Formazza e l’Alto Vallese
VIA DELLO SBRINZ – VIA DEL GRIES
Valle Formazza
Descrizione Percorso
Il Passo del Gries, a 2479 m di quota tra la Val Formazza e l’Alto Vallese, costituì per cinque secoli la via più diretta fra la pianura lombarda e la Svizzera centrale. Da Milano a Berna, dal Mediterraneo alle pianure dell’Europa centrale, attraverso il Gries transitarono uomini, merci, idee. Fu una strada commerciale, una carovaniera percorsa da lunghe file di muli carichi di merci. Da nord scendevano bestiame, pelli e formaggi (lo “sbrinz” dell’Oberland Bernese), ma anche prodotti di lusso come i preziosi cristalli lavorati dai monaci di Engelberg destinati alle corti italiane. Da sud salivano i panni e le sete lombarde e soprattutto il vino dell’Ossola, esportato fino alla corte di Francia.
Il 12 agosto 1397, a Munster, capoluogo del Goms, patria d’origine dei Walser, si riunirono i rappresentanti dell’Ossola e della Val Formazza con quelli della città di Berna, dell’Abbazia di Interlaken, delle comunità dell’Hasli e del Goms per firmare una convenzione che garantisse il comune impegno nell’apertura di una strada commerciale tra Milano e Berna. Una grande via nel cuore dell’Europa: 600 anni fa. Il contratto prevedeva la costruzione e la manutenzione di una strada che dal Grimsel, attraverso il Gries, giungesse in Ossola per favorire particolarmente i commerci tra il nord e la Lombardia. Ognuno si impegnava nella buona tenuta e il controllo della viabilità per la propria zona: i bernesi sino al passo del Grimsel, dove proprio in quegli anni sorgerà un ospizio, gli uomini di Munster dal Grimsel al Gries, e i formazzini sino al passo. Furono dettate anche le norme relative ai dazi da riscuotere, e la sicurezza del transito che ogni comunità doveva fornire.
Il processo di recupero della memoria storica e lo spirito di collaborazione ancora vivo tra le popolazioni di montagna di qua e di la della frontiera, hanno contribuito alla recente rivalutazione di questa antica Via Storica: la Via del Gries è entrata a far parte dal 2002 di uno dei 12 Itinerari Culturali di interesse nazionale della Svizzera. L’itinerario si chiama “Via Sbrinz” o “Sbrinz Route”, un viaggio in sette tappe da Lucerna a Domodossola per chi, a passo lento, vuole riscoprire l’emozione di camminare sui sentieri della storia.
Ogni estate, come rievocazione storica, l’itinerario viene percorso da una carovana di muli e merci (www.sbrinz-route.ch)
Il percorso della Via del Gries, tranne il tratto del passo del Gries, si snoda prevalentemente in fondovalle, attraverso i centri abitati e in prossimità della viabilità principale (SS659). Le numerose possibilità di alloggio e ristorazione lungo la valle consente di scegliere la lunghezza delle tappe a seconda del proprio livello di preparazione. Da Crevoladossola a Ulrichen bisogna comune prevedere un minimo di 3 tappe. Ma per chi vuole camminare con lentezza, alla scoperta delle meraviglie naturali, storiche e culturali della valle si consiglia di effettuare il cammino in 4 tappe.
Info e tappe: https://www.piemonteoutdoor.it/it/attivita/escursionismo/dello-sbrinz-del-gries
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Passeggiata ad anello lungo le rive del lago di Morasco
VALLE FORMAZZA: RIALE E LAGO DI MORASCO
Valle Formazza
Descrizione Percorso
Passeggiata ad anello lungo le rive del lago di Morasco, in un ambiente alpino affascinante, per poi passeggiare tranquillamente tra i pascoli bucolici della Piana di Riale.
località di partenza e di arrivo: parcheggi alla base della diga (1747 m)
quota massima: riva sud (1850 m circa)
quota minima: Riale (1734 m)
dislivello: 150 m circa totali
distanza: 8,5 km totali
tempo di percorrenza al netto delle soste: 3 ore totali
tipologia di percorso: misto (sentiero, asfalto, sterrata)
segnaletica: cartelli bianco/rosso G00
acqua: fontane in Riale
periodo consigliato: da maggio a ottobre (da novembre ad aprile è pista di fondo)
come arrivare: dista 50 km da Domodossola. Direzione Crodo e quindi direzione Valle Formazza fino a Riale, termine della SS659. Parcheggi per le auto e area camper ai piedi della diga a pagamento. In autobus: linea Domodossola-Formazza, fermata Riale (solo luglio e agosto, nelle altre stagioni ferma a Ponte di Formazza) (www.comazzibus.com).
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi – www.distrettolaghi.it; Ufficio IAT – fraz. Ponte, Formazza – tel. +39 0324 63059 www.valformazza.it; Comune di Formazza – www.comune.formazza.vb.it; Unione Montana Alta Ossola – www.unionemontanaaltaossola.it
L’itinerario
La passeggiata parte dalla piana di Riale, frazione di Formazza che può vantare di essere la più settentrionale del Piemonte. In effetti, la Val Formazza è l’estrema propaggine di questa regione, un piolo conficcato in piena Svizzera cui è collegata tramite il Passo del Gries (2479 m). Proprio da questa via giunsero nel corso del XII secolo le popolazioni Walser che dal Canton Vallese si insediarono nelle vallate prossime al Monte Rosa, tra Piemonte e Valle d’Aosta, con la loro cultura caratteristica mantenutasi fin quasi ai nostri tempi.
Dall’ampio parcheggio a pagamento adiacente all’area camper si imbocca la strada asfaltata sulla destra che si inoltra in salita verso il coronamento della diga (cartello “G00 Lago 0h15”).
La diga di Morasco venne costruita tra il 1936 ed il 1940, alimenta la centrale di Ponte e produce energia sufficiente a 30mila famiglie. Con la sua edificazione, venne interamente sommerso il paese omonimo che qui sorgeva dal XV secolo.
Utilizzando la strada la salita è dolce e graduale ma è possibile anche utilizzare le tracce di sentiero che “tagliano” in modo più ripido le curve, abbreviando il chilometraggio. Giunti al coronamento della diga, su cui sarebbe possibile passare, si continua lungo la sterrata che si inoltra pianeggiante lungo il lago, mantenendo l’acqua alla propria sinistra. Dove il bacino si restringe si trova una passerella metallica che supera l’acqua. Purtroppo non è accessibile poiché serve come passaggio invernale per gli addetti della diga. Tocca proseguire ancora sulla sterrata facendo attenzione, poco più avanti ad abbandonare la strada “G00” per un sentiero a sinistra in discesa che porta verso il ponte sul rio Gries. Superato il ponte il tracciato prende a salire fino agli edifici della centrale elettrica, dove torna a pianificarsi diventando una piacevole mulattiera. Questa con andamento ondulatorio porta a costeggiare tutto il lato occidentale e meridionale del lago, tornando alla diga. Qui ci sarebbe un sentierino che scende direttamente agli edifici sottostanti, ma in alcune condizioni di vegetazione è di difficile interpretazione. Meglio proseguire oltre la diga sulla via più evidente per poi piegare a sinistra e scendere in modo graduale sulla sterrata che passa accanto ad alcuni alpeggi dove si produce il noto formaggio Bettelmatt e, diventata asfaltata, porta fino a un rifugio. Dal rifugio si prosegue su asfalto fino a tornare al parcheggio. Ora si continua su asfalto fino alla borgata di Riale, una piacevole deviazione tra gli ampi pascoli pianeggianti. Superato un ristorante-locanda si entra tra le abitazioni della borgata, a sinistra, arrivando alla candida chiesetta (fontana). Soffermatevi sulla sua facciata e potrete vedere il livello raggiunto dalla neve nel 1951. Stupefacente!
Come si può vedere dai cartelli nei pressi della borgata, ci si trova sulla “Sbrinz-Route” (nota anche come “Via del Gries”), un percorso lungo 150 km che attraverso il Passo del Gries metteva in comunicazione Lucerna con Domodossola. Ogni anno, ad agosto, un corteo in costume fa rivivere, con cavalli e muli, questa antica via commerciale.
Attraversata la borgata dalle belle case ben recuperate (fontane), si sale a destra lungo un sentiero che in breve porta alla sommità del poggio su cui sorge l’Oratorio di S. Anna, edificio del XIX secolo eretto a ricordo della chiesetta della borgata di Morasco, sommersa dalle acque della diga. Il sentiero riporta alla strada asfaltata che si ripercorre a rovescio per tornare al punto di partenza.
Per saperne di più:
Gastronomia: formaggi…
Il Bettelmatt® è un formaggio ottenuto dalla lavorazione del latte di una sola mungitura, ottenuto soprattutto da mucche di razza Bruna Alpina, con stagionatura minima di due mesi. Le forme, del peso di 4-6 kg, hanno crosta liscia, pasta compatta e morbida dal colore giallo oro o paglierino e occhiellatura ad occhio di pernice. La produzione avviene tra i primi di giugno ed i primi di settembre in soli nove alpeggi delle Valli Formazza e Antigorio situati tra i 1800 ed i 2400 m: Bettelmatt, Kastel, Morasco, Toggia, Regina, Vannino, Forno, Pojala, Sangiatto. Sembra che fosse già noto nel XIII secolo e che il nome derivi dal walser bettel (questua) e matt (pascolo), quindi “pascolo della questua” e che fosse normalmente utilizzato come merce di scambio o di pagamento. Tra gli altri formaggi si ricordano il Formazza (fresco o stagionato), il Formazza Blu (erborinato), il Sümmer (esclusivamente estivo ottenuto da mucche che mangiano solo erbe fresche).
… e patate
Da sempre alimento base per gli abitanti della montagna, presenta le varietà: Pomater Häpfa (pasta gialla e buccia rossastra), Walser (pasta e buccia gialla) e Occhi Rossi Roti Öigje (pasta e buccia gialla, con “occhi” di colore rosso).
La Cascata del Toce
Non si può salire a Riale ed ignorare questa cascata, forse una delle più fotografate e, con i suoi 143 metri, la più alta d’Europa, visitata e citata da visitatori illustri come Richard Wagner, Gabriele D’Annunzio, la Regina Margherita, Re Vittorio Emanuele III, Giosuè Carducci… A quota 1657 m è facilmente visibile proprio dalla strada che da Formazza sale a Riale, a soli due chilometri prima della borgata. Dall’ampio parcheggio si raggiunge facilmente una passerella di legno sospesa sul vuoto proprio al di sopra del getto, anche se una vista migliore la si ha senza dubbio percorrendo il sentiero in discesa che la costeggia, seguendo una parte della Via del Gries/Sbrinz-Route (0,7 km -150 m fino al ponte sul Toce, poi bisogna risalire; in alternativa dal ponte si può proseguire fino alla borgata Sotto Frua – dove si trova una centrale elettrica e la curiosa cappella salesiana di Santa Madre dell’Esperanza – e ritornare con un autobus www.comazzibus.com). Purtroppo, essendo utilizzata per la produzione elettrica, la cascata non è sempre al massimo della sua forza e, per così dire, ha orari di apertura (www.comune.formazza.vb.it). L’albergo che spesso appare nelle foto al suo fianco è quello che si trova al parcheggio e risale al 1863, anche se l’attuale aspetto è più del 1926.
Casa Forte – Steinhause
In frazione Ponte di Formazza, appena prima della centrale elettrica, si trova l’austero edificio della Casa Forte-Steinhause, o “Schtei hüs (casa di pietra). Edificata nel 1569, fungeva da presidio e controllo sulle merci in transito lungo la via svizzera, oggi ospita un museo etnografico con oggetti legati al mondo della someggiatura e al trasporto delle merci, il magazzino delle merci e la cella, le camere arredate (per le aperture www.comune.formazza.vb.it).
Consigli per i baby escursionisti
Fino a circa metà del giro del lago (dal parcheggio alla diga e lungo le rive settentrionali fino agli edifici della centrale) la passeggiata è possibile anche con passeggini, così come il tratto dal parcheggio alla borgata e quello che sale direttamente al rifugio. Non è accessibile invece il tratto che va dagli edifici della centrale fino alla diga (lato occidentale e meridionale del lago).
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino e Annalisa Porporato
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L’antica strada che inzia dal fondovalle ossolano fino alla valle di Binn
VIA DELL’ ARBOLA – VIA ALBRUN
Alpi Veglia-Devero
Descrizione Percorso
L’antica strada che, attraverso la Bocchetta d’Arbola o Albrunpass (2409 m), conduceva dal fondovalle ossolano alla valle di Binn e quindi alla Svizzera interna è molto importante per la storia dei transiti attraverso le Alpi.
L’Arbola è il valico più basso e agevole delle Alpi Lepontine, secondo solo al Sempione sui monti dell’Ossola. Mentre il Passo di Boccareccio, quello di Cornera e della Rossa sono resi difficoltosi da imponenti bastionate di roccia che ne rendono difficoltoso l’accesso agli uomini e impossibile agli animali da soma, la mulattiera selciata dell’Arbola permetteva il transito alle lunghe colonne di animali da soma carichi di merci. Una grande carovaniera attraverso le Alpi.
Le Alpi Lepontine, poco discoste da quel Gottardo da cui nascono fiumi che scendono nelle direzioni dei quattro venti, furono sempre un nodo orografico fondamentale nella viabilità alpina: l’Arbola porta nella Binntal, il Gries porta nell’Hasli e quindi in Oberland, il Passo San Giacomo (la “montagna di Valdolgia”) porta ad Airolo e in Ticino. La “strada d’Antigorio” per Baceno, il Devero e l’Arbola (il “passo inferiore” per distinguerlo da quello superiore o “del ghiacciaio” costituito dal Gries) fu per molti secoli la principale arteria commerciale tra il Vallese e la Lombardia. Tanto che anche la antiche carte definiscono l’Arbola come “passo verso la Lombardia (Pass gegen Lombardy, Sebastian Munster, 1550) oppure “passo per Milano” (Pass auf Mailand, Gabriel Walser, 1768). Nei secoli del Medioevo, quando gli uomini iniziarono a percorrere gli alti valichi alpini per scambiare merci e idee, le soste di Baceno ed Ernen crebbero di importanza. I villaggi ai piedi del valico (Baceno, Binn, Ernen) vengono considerati dagli storici come “insediamenti di passo” in cui la funzione mercantile si abbinava a quella pastorale. Fino al XIII e XIV secolo, quando le gole di Gondo sul Sempione furono attrezzate con passerelle di legno ancorate con catene alla roccia, il Passo d’Arbola fu la “porta della Lombardia”.
A nord salivano grano e vino, sete e spezie provenienti dall’Oriente; a sud scendevano sale, formaggi e bestiame. A Baceno e Croveo crebbero dinastie di mercanti che percorsero l’Europa alpina portando anche il sale di contrabbando dalle miniere di Hall, vicino a Salisburgo, al mercato di Ernen attraverso la “via trasversale” del Passo San Giacomo, Scatta Minoia e Bocchetta d’Arbola. Essi svilupparono una ramificata rete di relazioni transalpine con i cantoni svizzeri di Uri e Unterwalden. Percorrevano gli alti valichi e possedevano prati e pascoli per l’alimentazione delle mandrie acquistate in Svizzera e da vendersi sui mercati lombardi e cantine dove conservare vino e formaggi. L’itinerario dell’antica via dell’Arbola – Via Albrun è uno degli Itinerari Culturali di interesse regionale della Svizzera.
Info e tappe: https://www.piemonteoutdoor.it/it/attivita/escursionismo/dellarbola-albrun
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Passeggiata ad anello lungo i rilassanti pascoli dell’Alpe Devero, per andare alla scoperta dell’affascinante Lago delle Streghe, ammirare il grandioso Lago Devero ed esplorare la caratteristica borgata di Crampiolo.
PARCO NATURALE VEGLIA-DEVERO: DEVERO TRA ALPE E LAGO
Alpi Veglia-Devero
Descrizione Percorso
Passeggiata ad anello lungo i rilassanti pascoli dell’Alpe Devero, per andare alla scoperta dell’affascinante Lago delle Streghe, ammirare il grandioso Lago Devero ed esplorare la caratteristica borgata di Crampiolo.
località di partenza e di arrivo: Alpe Devero, località Ai Ponti (1640 m)
quota massima: Montorfano-Lago Devero (1863 m)
dislivello: +300 m circa totali
distanza: 8,5 km totali
tempo di percorrenza al netto delle soste: 2 ore e 30 minuti totali
tipologia di percorso: sentiero, sterrate
segnaletica: cartelli bianchi/rossi e in legno
acqua: fontane in Alpe Devero, a Cantone e a Crampiolo
periodo consigliato: tutto l’anno; la tarda primavera per le fioriture dei prati, l’estate per il fresco del Lago delle streghe, l’autunno per i colori caldi ed il bramito del cervo, l’inverno per una tranquilla passeggiata con le racchette da neve.
come arrivare: dista 33 km da Domodossola. Direzione Crodo e quindi direzione Valle Formazza fino a Baceno. Quindi segnaletica per Devero (cartelli blu) e Parco Naturale Alpe Veglia – Devero (cartelli marrone) per 12 km. Parcheggi per le auto presso Alpe Devero a pagamento.
In autobus: linea Domodossola-Formazza fino a Baceno (www.comazzibus.com); tra Baceno e Alpe Devero servizio ProntoBus (www.unionemontanaaltaossola.it).
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi – www.distrettolaghi.it; Ufficio Turistico Pro Loco Baceno – via Roma 56, Baceno – tel. +39 0324 9348025; Ufficio Turistico– loc. Bagni 20, Crodo – tel. +39 0324 600005; Ente Gestione Aree Protette Ossola – www.areeprotetteossola.it; Comune di Baceno – www.comune.baceno.vb.it; Unione Montana Alta Ossola – www.unionemontanaaltaossola.it
L’itinerario
Ci si trova in pieno Parco Naturale Alpe Veglia-Devero.
È il 1995 quando viene unita la gestione di due parchi distinti: Veglia (nato nel 1978, primo parco della Regione Piemonte) e Devero (del 1990). Su una superficie di 86 kmq è caratterizzato da un ambiente prettamente alpino andando dai 1600 ai 3500 metri di altitudine, anche se presenta un mondo modellato dal lavoro dell’uomo con dolci pascoli circondati dalle aspre cime. Ingloba territori dei comuni di Baceno, Crodo, Varzo e Trasquera. Veglia e Devero, che danno il nome al complesso del parco, sono i due alpeggi più grandi della Val d’Ossola.
Si entra tra le abitazioni della borgata seguendo la bella selciata della via principale fino all’Oratorio di San Bartolomeo del XVII secolo, per poi attraversare con il ponte il rio Buscagna.
Volendo, è possibile fare una variazione puntando in direzione dell’ampia area giochi che si trova sulla sinistra, delimitato da questo ruscello e dal rio della Rossa. Poco oltre si trova anche il Museo dell’Alpeggio, ospitato nell’ex-stazione di arrivo della funivia Goglio-Devero (apertura estiva, info tel. +39 0324 72572). Fino agli anni Settanta una funivia collegava le due località. Nata nel 1939 per trasportare i materiali e dipendenti dell’Edison Volta (poi Enel), visse un momento tragico nel 1944 quando, bloccata a pochi metri dalla partenza, venne mitragliata dai nazifascisti che uccisero così quattro partigiani. Usata poi per turismo, venne chiusa quando la strada asfaltata raggiunse Alpe Devero.
Appena al di là del ponte si trova una casa bianca su cui è tracciata una meridiana. Sollevando gli occhi è possibile vedere il livello che può raggiungere la neve. Impressionante! Si ignora la strada a destra proseguendo dritti accanto al bar-pensione seguendo la segnaletica bianca/rossa “Lago delle Streghe 0.45” e inoltrandosi, così, tra i campi aperti e rilassanti dell’Alpe Devero, percorrendo un tratto del sentiero “un percorso per tutti”, accessibile anche a passeggini.
L’ampio pianoro è dato dalla presenza di un antico lago glaciale, prosciugatosi nel tempo. Nel Medioevo l’area era ancora prettamente paludosa ma le seguenti opere di bonifica hanno ridotto di parecchio la zona umida ampliando i terreni prativi e da pascolo.
Si ignora la strada a destra in leggera salita e con pendenza praticamente nulla si raggiunge la borgata Cantone (1640 m circa), dove si trova anche il rifugio CAI. Giunti alle prime abitazioni si gira a destra cominciando a salire leggermente (cartelli di legno). Poco oltre si abbandona la sterrata per imboccare un sentiero sulla destra (piccolo cartello “Crampiolo-lago”) che con salita più decisa, bordata da pietre verticali, porta ad un isolato alpeggio (fontana). Il sentiero si fa più graduale e si inoltra lungo una piacevole valletta denominata Vallaro e delimitata tra pascoli e alberi, costellata da grossi massi che invogliano le scalate e isolate casette di pietra che a volte appaiono all’improvviso, quasi per magia, mentre poco alla volta l’ambiente si fa più boscoso e suggestivo. Una salitina più decisa porta a ridosso di alcune case di legno e pietra.
Andando a sinistra per circa 5 minuti si arriva ai resti di una vecchia fornace per la calce posta lungo il Sentiero Natura. In queste fornaci venivano messe a cuocere per una settimana le rocce calcaree, con le fiamme che ardevano ininterrottamente così che la temperatura poteva arrivare a mille gradi centigradi. Si otteneva così la “calce viva” che mescolata con acqua diventava “calce spenta”, utilizzata nell’edilizia, oppure, con l’aggiunta di molta più acqua, “latte di calce” dal potere disinfettante e usato per imbiancare i muri.
Si deve proseguire a destra (cartello “Crampiolo 0.15”) e dopo pochissimi passi si abbandona l’ampio sentiero che va direttamente a Crampiolo per imboccare il sentiero più piccolo a sinistra (cartello “Lago delle Streghe”) che sale in modo deciso tra bassi ginepri, mirtilli e rododendri. La salita dura poco, presto il sentiero si fa più graduale anche se quasi chiuso dalla vegetazione, cosa che rende l’avvicinamento al lago assai suggestivo, quasi sia un incantesimo delle streghe che vogliono così proteggere il loro specchio d’acqua. Specchio d’acqua che appare quasi a sorpresa tra la fitta vegetazione. Ci si trova all’estremità meridionale del lago delle Streghe (1772 m), e un sentiero sulla destra permette di percorrere tutto il lato orientale, così da arrivare all’estremità opposta caratterizzata da una vegetazione paludosa bassa e rada. Il sentiero passa abbastanza in alto rispetto il livello dell’acqua, ottimo punto di vista per le acque limpide che scaturiscono da una sorgente sotterranea, per poi scendere ad un ponte-passerella che permette di attraversare la zona umida e percorrere un breve tratto della riva opposta, fino ad un grosso masso che blocca il passaggio costiero e nei cui pressi si trova una pietra squadrata ai piedi di una nicchia che protegge una immagine sacra. Tornati al ponte, si continua lungo il sentiero a sinistra (cartello di legno “Crampiolo 0.10”) arrivando in breve alla borgata. La stradina conduce al ponte che supera il torrente Devero ma non lo si attraversa: si prosegue su sterrata mantenendo il corso d’acqua alla propria destra (cartello bianco/rosso “Lago Devero 0.20”). Presto la sterrata diventa una selciata molto ripida che in pochi metri fa prendere quota fino a diventare sentiero e sbucare proprio accanto alla diga di Codelago (1856 m), affacciandosi sulle acque turchesi del Lago Devero, in pieno Parco Naturale Alpe Veglia-Devero.
La diga di Codelago fu una delle prime della Val d’Ossola, eretta tra il 1908 ed il 1912, alzando così di 20 metri il livello di un lago preesistente.
Dopo aver fatto una sosta lungo le rive del lago, ammirando le cime che circondano e abbracciano la zona in tutta la loro magnificenza, si passa lungo il coronamento della diga (cartello “giro del lago”), per poi salire per la scalinata e percorrere il sentiero che passando a monte degli edifici della centrale li aggira. Attenzione al primo bivio a sinistra, subito dopo gli edifici della centrale, che fa scendere in modo ripido verso la riva del lago utilizzando anche l’aiuto di una catena per via di un brevissimo passaggio roccioso non difficile (ma prestate attenzione con bambini molto piccoli). Si percorre un breve tratto lungo lago per poi distaccarsene leggermente e puntare alla borgata parzialmente abbandonata di Montorfano (1863 m) dal cui pilone votivo, posizionato sulla sommità del piccolo promontorio, si ha un magnifico colpo d’occhio sulla distesa del lago cinto dalle montagne. Abbandonata la borgata si riprende il sentiero (cartelli “Crampiolo via Dighetta”) che costeggia sempre dall’alto il bordo di quella piccola rientranza di lago che si trova ad est del Montorfano, fino ad arrivare ad una diga di dimensioni minori.
Nel 1921-24 la diga di Codelago venne ulteriormente alzata, e questo rese necessario creare uno sbarramento anche ad est del promontorio di Montorfano, creando così la Dighetta.
La si attraversa passando sulla sua sommità e giunti al termine si sale lungo la traccia che porta sulla sterrata che arriva dal giro del Lago di Devero. Si prende ora questa strada verso destra in leggera e continua discesa, passando sopra un’ulteriore, piccola diga e senza alcuna altra deviazione si scende per selciata e sterrata fino alla borgata di Crampiolo (1767 m) le cui case di pietra si raggruppano attorno al candido Oratorio San’Antonio Abate, del XVII secolo.
Qui vi sono diversi locali dove potersi rifocillare, agriturismi, ristoranti, degustazione e vendita di prodotti tipici… Da assaggiare il Bettelmatt, formaggio di alpeggio già noto nel Diciassettesimo secolo.
Attraversata la borgata si oltrepassa il torrente Devero con il ponte di legno imboccando la sterrata in discesa (cartello bianco-rosso “Devero 0.25”), ignorando un primo sentiero a destra (porta verso il Lago delle Streghe) ma girando a sinistra dopo circa 300 metri su un ponticello di legno (cartello marrone “Devero percorso invernale”). Si aggirano le case de Il Motto di Crampiolo (1770 m circa) per seguire una bella mulattiera nel bosco che porta alla borgata Corte d’Ardui, qui si continua al bivio a destra e tenendo sempre il torrente Devero alla propria destra si percorre un rilassante tratto boschivo dove il tracciato si abbassa gradualmente alternando tratti di mulattiera e tratti a sentiero, fino a rientrare all’Alpe Devero concludendo così il piacevolissimo anello.
Estensione: con bambini più grandicelli è possibile effettuare il giro completo del Lago di Devero percorrendo ulteriori 4,5km, +125m, 2h. In questo caso non si passa sul coronamento della diga ma si continua lungo la riva, con le acque alla propria destra (cartelli “Giro del Lago”), passando per l’Alpe Codelago, la fine del bacino Pianboglio, per poi tornare indietro lungo la riva opposta. Il tracciato è in parte sentiero e in parte sterrata, con alcuni passaggi un po’ esposti e a strapiombo, aiutati a tratti da alcune catene.
Per saperne di più:
La leggenda del Lago delle Streghe
Vi era un tempo lontano una fanciulla innamorata di un ragazzo che, ahi lei, aveva però occhi solo per un’altra ragazza. Un giorno la fanciulla, vagando sconsolata, incontrò una vecchia seduta su un masso, intenta a filare. Guadandola negli occhi, la fanciulla capì che era più di ciò che sembrava e sentì il bisogno di confidarsi con quella vecchina. Le raccontò, così, le sue angustie, implorandola di operare una magia affinché il ragazzo amasse solo lei. La vecchia cercò di dissuaderla, ma senza successo. Allora accettò di operare l’incantesimo ma ad un patto: la fanciulla doveva, prima, guardare un altro uomo. Si recarono ad una grotta nel cui profondo si trovava una sala calda ed accogliente, dove si trovavano altre due streghe. La vecchina chiese alla fanciulla di guardare dentro due pozze sorgive. Nella prima ella vide il volto del suo innamorato ma, sotto il suo sguardo, egli avvizzì, diventando vecchio, con capelli bianchi e denti gialli. Inorridita, la fanciulla volle fuggire ma dovette guardare anche nell’altra pozza e lì vide un giovane bellissimo, simile ad un dio, con lo sguardo dell’amore e la forza di un re. E capì. Nella prima pozza aveva visto l’amore umano, fugace e di breve durata, che può rendere felici ma non per sempre. Nella seconda pozza aveva visto l’amore divino che non si spegne mai. La ragazza capì che era questo, che desiderava, e così prese a danzare con le altre streghe, la grotta sparì e la pozza d’acqua crebbe tanto da diventare un torrente e riempire il pianoro. Creando il Lago delle Streghe.
La storia delle streghe di Croveo
Nella realtà, la zona tra Baceno e Croveo è tristemente nota per una vera e propria caccia alle streghe avvenuta a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo, con la cattura e la morte, per le torture e sul rogo, di decine di persone, donne ma anche qualche uomo. Secondo gli storici tale accanimento fu dovuto alla vicinanza della Svizzera di fede calvinista, altri vi leggono i resti di antiche credenze pagane sopravvissute grazie all’isolamento delle vallate. Quale sia la verità, rimane una pagina triste e oscura della storia e della religione.
La cascata del Devero
Lungo la strada macchinabile per raggiungere l’Alpe Devero si attraversa una suggestiva galleria scavata nella roccia e, appena oltre, ad un tornante che gira verso destra, si apre una superba visuale a sinistra su una impressionante cascata creata dal torrente Devero. Uno spettacolo che merita una sosta nei parcheggi che si trovano appena prima del tornante. Parcheggi, tra l’altro, che a 2,5 km circa dalla borgata sono gli ultimi gratuiti.
Consigli per i baby escursionisti
Così come presentata la passeggiata è adatta a bambini di tutte le età; l’unico punto cui si deve prestare attenzione è il passaggio su roccette appena prima di Montorfano. Il giro completo del Lago di Devero, in aggiunta a questa, può risultare lunga e adatta solo a bambini più grandicelli. Non è però adatta ai passeggini, in questo caso è meglio seguire completamente la sterrata che collega Alpe Devero a Crampiolo. Volendo, spingendo un po’, si può anche raggiungere il Lago di Devero mantenendosi però sulla selciata che costeggia il torrente sulla destra orografica.
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino, Annalisa Porporato
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Affascinante percorso ad anello attraverso ambienti montani di vario aspetto: da fitti e ombrosi boschi a pascoli aperti
VALLE BOGNANCO: GIRO DEI TRE RIFUGI
Valle Bognanco
Descrizione Percorso
Affascinante percorso ad anello attraverso ambienti montani di vario aspetto: da fitti e ombrosi boschi a pascoli aperti.
località di partenza e di arrivo: San Bernardo (1630 m)
quota massima: 2016 m
dislivello: 500 m totali
distanza: 9 km totali
tempo di percorrenza al netto delle soste: 3 ore e 30 minuti totali
tipologia di percorso: misto (sentiero, asfalto, sterrata)
segnaletica: cartelli bianco/rossi “D00” “D08”, cartelli di legno e segni bianco/rossi
acqua: fontane a San Bernardo e al Rifugio Gattascosa
periodo consigliato: ideale da giugno a ottobre, è fattibile anche in inverno previo contatto con il Rifugio Gattascosa per conoscere le condizioni del sentiero in caso di innevamento (in tal condizione raddoppiare la tempistica di avvicinamento).
come arrivare: dista 20 km da Domodossola. Raggiunta Bognanco, si percorre una strada abbastanza stretta (attenzione) fino all’Oratorio di San Bernardo. Ampio parcheggio dopo la chiesa, davanti al Rifugio San Bernardo. In autobus: linea Domodossola-Bognanco (www.comazzibus.com).
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi www.distrettolaghi.it; Ufficio Turistico – Via Cavallini, Bognanco Terme, tel. +39 0324 234127; Comune di Bognanco www.comune.bognanco.vb.it; Rifugio San Bernardo – tel. +39 338 7884574; Rifugio Gattascosa – tel. +39 328 3151669, www.rifugiogattascosa.com; Rifugio Il Dosso – tel. +39 348 8678958
L’itinerario
Dalla strada macchinabile si prosegue oltre l’oratorio bianco dedicato a San Bernardo (fontana e gradevolissima area picnic) per andare a sinistra e raggiungere il primo dei rifugi toccato da questo itinerario: il Rifugio San Bernardo, posto a quota 1630 m (servizi igienici). Proprio accanto all’ingresso del parcheggio inizia il sentiero (cartello Lago Ragozza) che, con salita costante e continua, prende quota inizialmente molto sassoso, poi più morbido, sempre all’ombra di frondosi larici.
Un cartello indica il Lago Arza. Si trova sulla sinistra ma è di difficile accesso, meglio non inoltrarsi alla sua ricerca bensì proseguire oltre affrontando la salita che porta alla zona paludosa della Torbiera di Gattascosa, attraversabile con passerelle di legno, una tipologia di percorso che affascina sempre i piccoli escursionisti! Questo tratto ha un respiro da Grande Nord: sembra quasi di percorrere il mitico Kungsleden, il “Sentiero del Re” che si snoda nella Lapponia svedese. Un’ultima salita conduce alle rive del suggestivo Lago Ragozza (1960 m): in posizione leggermente incassata tra ripide pareti, presenta tutt’intorno dei massi su cui sedere comodamente tra i ciuffi di rododendri.
Si continua oltre il lago mantenendo la destra, ora in salita graduale, arrivando in pochissimo tempo al Rifugio Gattascosa (2000 m), posto in bella posizione panoramica sulla sottostante conca omonima appena percorsa (fontana). Passando davanti all’edificio si imbocca la sterrata fino a raggiungere il punto più elevato dell’itinerario in corrispondenza di un bivio con un sentiero che si stacca verso sinistra.
Nota: il nostro percorso prosegue dritti lungo la sterrata ma, volendo, è possibile imboccare il sentiero raggiungendo in poco più di 30 minuti il Passo del Monscera e il lago omonimo (2103 m di altitudine; +100 metri di dislivello, 1,7 km ulteriori, circa 40 minuti in più rispetto l’itinerario descritto), da dove si ammirano le belle vette della Svizzera Vallese.
Si aprono ora due possibili vie: si segue semplicemente la sterrata compiendo un’ampia curva che aggira una zona umida di pascoli oppure si imbocca il sentiero sulla destra che taglia nettamente passando di traverso. Una volta nuovamente su sterrata, la si segue proseguendo in discesa e passando accanto all’Alpe Monscera per poi puntare a un cippo panoramico e scendere ancora su sterrata. Fate caso alla curiosa fascia posta in basso attorno al cippo, è fatta di metallo e raffigura figure di viandanti… Figure che ritroverete qua e là lungo il percorso seguente! La sterrata diventa più ripida, diventa asfaltata e tocca una seconda borgata, Arza (fontana), e quindi il terzo rifugio dell’itinerario: il Rifugio Il Dosso (1740 m). Dopo la struttura la strada prosegue in forte discesa affrontando alcuni tornanti. Superato un ponte si pianifica arrivando al Rifugio San Bernardo e al punto di partenza.
consigli per i baby escursionisti
Escursione lunga ma priva di difficoltà. Con passeggini è percorribile la sterrata che da San Bernardo sale direttamente dal Rifugio Il Dosso e quindi al Rifugio Gattascosa. Considerate che il tempo effettivo sarà ben più lungo di quello indicato per via delle numerose soste al lago e nei rifugi.
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino e Annalisa Porporato
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Un percorso che percorre tutta la Valle Antrona
VIA ANTRONESCA
Valle Antrona
Descrizione Percorso
La “Strada Antronesca” percorre interamente la Valle Antrona, conosciuta, fra le vallate ossolane, come la “valle del ferro” per le numerose miniere a cui è legata la formazione, nel XIX secolo, del centro siderurgico di Villadossola. Lunghe carovane di muli e di asini trasportavano il ferro a Villadossola che era il centro principale per il commercio del ferro. La bontà del metallo antronese era conosciuta dappertutto e veniva esportato anche in Svizzera.
La “Strada antronesca” fu quindi anticamente praticata per passare dalla valle Antrona in Valle di Saas, attraverso il passo di Antrona o di Saas (2883 m) e quindi come uno dei collegamenti principali tra l’Ossola e il Vallese, congiungendo Villadossola con Visp. Questa strada non raggiunse mai l’importanza di quella del Sempione, protetta dai governi dello Stato di Milano e del Vallese e servita da una importante corporazione di Someggiatori. Il problema principale era naturalmente quello della manutenzione, giacché le strade di montagna sono le più soggette a deperimento dovuto a valanghe, smottamenti e frane. Il fatto che nel secolo XVI la fiera annuale del bestiame sia stata portata a Villadossola anziché a Macugnaga, fa presumere che nei secoli XV e XVI questa strada sia stata mantenuta efficiente.
Questa situazione, caratterizzata dalla presenza di molteplici valichi usufruibili dal traffico commerciale si mantiene vivace fino al XVIII secolo, quando venne mutata dall’apertura della strada Napoleonica che, attraverso il passo del Sempione, raggiungeva Ginevra e quindi il cuore dell’Europa. La supremazia del Sempione era già emersa nel Seicento all’epoca della mulattiera della Val Divedro lungo la quale passò il commercio del sale ad opera del nobile vallesano Kaspar Stockalper, “Le roi du Simplon”.
Il 6 ottobre 1996 viene inaugurato il primo tratto della “Strada Antronesca” ripristinata dalla sezione CAI di Villadossola e il 17 agosto 1997 il secondo tratto da Antrona a Saas Almagel. Dal 2010 questo percorso è stato inserito nel progetto “Strategico” Interreg VETTA.
Per la “Strada Antronesca” si apre una nuova era, quella dell’“Escursionismo Culturale”.
Info e tappe: https://www.piemonteoutdoor.it/it/attivita/escursionismo/antronesca
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Semplice passeggiata ad anello che porta alla scoperta degli storici resti della Linea Cadorna sul Lago Maggiore
MONTE MORISSOLO–LINEA CADORNA
Alto Verbano
Descrizione Percorso
Semplice passeggiata ad anello che porta alla scoperta degli storici resti della Linea Cadorna, con gallerie e postazioni in grotta liberamente accessibili ed un grandioso ed imperdibile panorama sul Lago Maggiore.
località di partenza: Piancavallo (1247 m)
località di arrivo: Monte Morissolo (1313 m)
dislivello: 150 m circa totali
distanza: 7 km totali
tempo di percorrenza al netto delle soste: 3 ore totali
tipologia di percorso: misto (sentiero, asfalto, sterrata)
segnaletica: cartelli, numero 1 e segni bianco/rossi
acqua: fontana a Colle
periodo consigliato: tutto l’anno in assenza di neve
come arrivare: dista 23 km da Verbania. Direzione “Premeno” (cartelli blu), a seguire indicazioni per “Pian di Sole” e quindi per “Piancavallo” e “Centro Auxologico”. Ampio parcheggio nei pressi dell’ospedale. In autobus: linea 4 Verbania-Premeno-Piancavallo, fermata Piancavallo (www.vcotrasporti.it).
informazioni: Distretto Turistico dei Laghi – www.distrettolaghi.it
L’itinerario
Si prende la strada asfaltata in direzione “Colle” passando accanto all’ospedale e ad un bar-ristorante ma, appena dopo pochi passi, si tiene la destra, passando accanto alla recinzione della struttura ospedaliera fino ad una sbarra (cartelli “Gallerie Monte Morissolo 0h45”).
Superata la sbarra si prosegue su piacevole e larga mulattiera militare che con dislivello quasi nullo porta in direzione del Monte Morissolo passando, inizialmente, in una bella faggeta.
Attenzione: la strada è molto larga ma priva di protezioni, poiché la faggeta presenta una pendenza assai accentuata tenete d’occhio eventuali baby-escursionisti troppo vivaci.
Il percorso è facile poiché l’ampia mulattiera prosegue in falsopiano (vanno ignorati tutti i bivi che con sentiero si discostano da questa) passando dalla piacevole faggeta ad ampie aperture con vista spettacolare al di sopra del Lago Maggiore, fino ad arrivare ad una sorta di colletto in cui è presente una vasca d’acqua (non potabile). Appena oltre la vasca si trova, sulla sinistra, già una piccola postazione in roccia ma per la parte interessante si deve seguire la strada sulla destra che prosegue ancora in piano per un breve tratto, supera una strettoia tra rocce e porta alla prima delle gallerie.
Da questo punto si passa in gallerie scavate nella roccia viva alternate a balconate aperte sul lago, tutte con cancelli che vanno accuratamente richiusi dopo il passaggio, per evitare che diventino ricovero delle numerose capre che pascolano in questa zona. La terza galleria in cui si entra è quella terminale e si snoda come una sorta di dedalo con diverse diramazioni ma niente paura: tutte le vie portano in camere (le cannoniere) quindi è impossibile perdersi.
Non è necessario avere torce elettriche poiché un sistema di illuminazione permette di visitare la postazione in sicurezza e se anche la luce dovesse spegnersi all’improvviso (si tratta di un sistema temporizzato), è sufficiente avere uno smart phone con sé per ritrovare uno dei numerosi interruttori.
La cosiddetta “Linea Cadorna” era un sistema di fortificazioni costruite lungo il confine settentrionale durante la Prima Guerra Mondiale (1915-18). Non venne mai usato, anche perché la confinante Svizzera rimase sempre neutrale, ma fu realizzato nell’eventualità di un attacco dell’Impero Austro-ungarico attraverso il territorio elvetico. Questa del Monte Morissolo copriva la sponda lombarda del Lago Maggiore fino a Locarno poiché ospitava cannoni in grado di lanciare proiettili pesanti 80 kg ad una distanza di 14 km.
La prima galleria a destra porta ad un cancello attraversato il quale si esce allo scoperto verso il lago.
Una ripida scalinata porta facilmente ad un osservatorio posto in posizione panoramica e che tramite le numerose feritoie poteva coprire meglio il territorio.
Nota: prestate attenzione a dove mettete i piedi all’interno dell’osservatorio, il servizio di pulizia non è quotidiano.
Lungo questa scalinata noterete una freccia con la scritta “vetta” mentre un sentiero si stacca poco prima dell’osservatorio: porta in cima al Monte Morissolo ma sconsigliamo questa via poiché presenta alcuni passaggi troppo esposti: per la cima esiste un altro accesso più facile.
Visitate le postazioni in galleria, si torna dunque indietro fino al colletto dove si trova la fontana. Da qui è possibile salire alla cima al Monte Morissolo seguendo il sentiero in forte salita (cartello “Monte Morissolo cima 0h15”).
Attenzione: il sentiero si presenta con tratti ripidi e insidiosi per via delle numerose radici e per il fondo sabbioso scivoloso, consigliamo di affrontarlo solo con bambini dal passo sicuro e con il bel tempo.
In cima al monte si trovano una panchina panoramica e due pannelli con il nome delle cime e delle località in vista. Il panorama è veramente grandioso e va da Locarno a quasi tutto il Lago Maggiore da un lato, mentre dalla parte opposta si apre verso la Valle Vigezzo e le cime del Parco Nazionale Val Grande. In questa posizione si trovava una piazzola aperta per cannoncino che integrava i cannoni posizionati nelle batterie in roccia.
Poco più in basso si trova una anticima con tre croci metalliche (sentiero ripido e stretto). Tornati indietro al solito colletto, è ora di intraprendere il resto del percorso che si inoltra lungo una bellissima faggeta, ombrosa e fresca, perfetta da percorrere nella stagione calda, una meraviglia per gli occhi durante l’autunno.
Nota: il giro proposto, circolare, comprende un tratto lungo circa 2,5 km di strada asfaltata, se non la si intende percorrere è meglio tornare indietro per la strada fatta all’andata.
Dal colletto si prende ora il sentiero (cartello “Colle 0h45”) che si allunga in piano più a destra della strada militare. Il bel sentiero si snoda per un tratto in piano per poi scendere un poco e quindi risalire mantenendosi sempre all’interno della fitta faggeta fino a raggiungere Colle (1238 m – fontana).
Al Colle si è sul confine con il Parco Nazionale della Val Grande e da qui parte un sentiero che porta al Monte Spalavera (1534 m), percorrendo un altro tratto della Linea Cadorna con alcune trincee.
Da questo punto si segue la strada asfaltata verso destra, sempre molto panoramica, fino ad arrivare al punto di partenza (attenzione al passaggio delle vetture).
Per saperne di più:
Linea Cadorna
Per la costruzione delle fortificazioni della Linea Cadorna vennero utilizzate anche le donne che trasportavano acqua, cemento e vettovaglie dietro compenso di una lira e una pagnotta a viaggio.
Centro Auxologico
Si tratta di un ospedale noto soprattutto come importante punto di riferimento ed eccellenza per ricerca, cura e riabilitazione di malattie come obesità grave, disturbi del comportamento alimentare, disordini della crescita e malattie neurologiche.
consigli per i baby escursionisti
Accessibile con passeggini dal Centro Auxologico fino al colletto antistante le gallerie. Con un po’ di fatica si può accedere con i passeggini anche all’interno delle batterie (la difficoltà è data più che altro dai cancelli). Per tutti da evitare la salita alla cima passando dall’osservatorio, troppo esposta. Nelle domeniche calde, con molti escursionisti, meglio evitare il giro completo per via del tratto di strada asfaltata. In questo caso è preferibile tornare sulla medesima via dell’andata.
Realizzatori del percorso: Franco Voglino, Annalisa Porporato e Nora Voglino
Autori dei testi: Franco Voglino, Annalisa Porporato
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CIRCUITO A TAPPE
CIRCUITO DI SAN CARLO
Valle Cannobina
Descrizione Percorso
Il Circuito di San Carlo collega i paesi della valle Cannobina e prende il nome da San Carlo Borromeo in ricordo di una visita pastorale che il Santo compì in valle nel 1574.
A Gurro l’antica e affascinante “Casa San Carlo” ricorda il luogo dove il santo dormì nel suo viaggio pastorale.
Si tratta di un itinerario in due tappe: la prima da Cannobio sul Lago Maggiore a Falmenta, piccolo paesino della Valle Cannobina.
La seconda Tappa è un itinerario semicircolare con partenza da Falmenta che raggiunge Cursolo (sulla sponda opposta del T. Cannobino).
Il percorso segue quasi interamente belle mulattiere lastricate.
Da Falmenta una variante della seconda tappa consente da Gurro di raggiungere direttamente Cursolo accorciando il percorso.
Info e tappe: https://www.piemonteoutdoor.it/it/attivita/escursionismo/circuito-di-san-carlo
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